Il sito di MASSIMO VALORI

Autore di copioni teatrali in Italiano e vernacolo Empolese


Questo sito lo faccio da solo e lo faccio come posso, e attualmente lo sto riorganizzando completamente. Non lo ricorderai come il sito più bello che hai visto, vorrei invece che te lo ricordassi per quello che c’è dentro. Se riscontri problemi o anomalie, segnalameli per favore! Te ne sarò immensamente grato!


Ecco le mie commedie, tutte scaricabili! Qui sotto le trovi ordinate per numero di interpreti; più avanti le trovi in ordine di pubblicazione (dalla più recente alla più vecchia) con le schede con tutte le informazioni che ti servono. Buona lettura e… buone rappresentazioni!

Vuoi scaricare i PDF di tutte le mie commedie in un colpo solo (7 MB)? Clicca qui!


19 personaggi

A TUTTO C’E’ RIMEDIO in vernacolo Empolese; 9U 10D; 3 atti; scarica il PDF!

18 personaggi

SALTI MORTALI in Italiano; 10U 8D (vedi note); 2 atti; scarica il PDF

16 personaggi

SON COSE CHE SUCCEDANO in vernacolo Empolese; 6U 10D; 3 atti; scarica il PDF

15 personaggi

OGNUN PER SÉ in vernacolo Empolese; 8U 7D; 3 atti; scarica il PDF

14 personaggi

I DUE VIANDANTI in Italiano; da 14 a 8 personaggi (vedi note); 1 atto; presto disponibile

13 personaggi

I DUE VIANDANTI in Italiano; da 14 a 8 personaggi (vedi note); 1 atto; presto disponibile

12 personaggi

I DUE VIANDANTI in Italiano; da 14 a 8 personaggi (vedi note); 1 atto; presto disponibile

I' LUME DELL'OCCHI in vernacolo Empolese; 6U 6D; 3 atti; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

11 personaggi

BASTA CHE SIAN DI FÒRI in vernacolo Empolese; 6U 5D; 3 atti; scarica il PDF

C'È DI PEGGIO in vernacolo Empolese; 4U 7D; 3 atti; scarica il PDF

CHE GLI FARÒ ALLE DONNE? in vernacolo Empolese; 6U 5D; 3 atti; scarica il PDF

GAVENEIDE in vernacolo Empolese; 7U 4D (vedi note); 1 atto

I DUE VIANDANTI in Italiano; da 14 a 8 personaggi (vedi note); 1 atto; presto disponibile

LA 'ONTESA DI GOSTO E MEA in vernacolo Empolese; 8U 3D; 1 atto; scarica il PDF

LA CONTESA DI GOSTO E MEA in Italiano; 8U 3D; 1 atto; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

10 personaggi

I DUE VIANDANTI in Italiano; da 14 a 8 personaggi (vedi note); 1 atto; presto disponibile

I' LUME DELL'OCCHI adattamento breve in vernacolo Empolese; 5U 5D; 3 atti; scarica il PDF

IL POLLO in vernacolo Empolese; 6U 4D; 3 atti; scarica il PDF

IL VESTITO DELLA SPOSA in vernacolo Empolese; 4U 5D; 2 atti + prologo; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

9 personaggi

L’AMMAZZAMARITI in vernacolo Empolese; 5U 4D o 4U 5D; 3 atti; scarica il PDF

I DUE VIANDANTI in Italiano; da 14 a 8 personaggi (vedi note); 1 atto; presto disponibile

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

8 personaggi

I DUE VIANDANTI in Italiano; da 14 a 8 personaggi (vedi note); 1 atto; presto disponibile

L’HANNO COMBINATA! in vernacolo Empolese; 3U 5D; 3 atti; scarica il PDF

L'ULTIMA LETTERA in vernacolo Empolese; 6U 2D; 3 atti; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

7 personaggi

IL PIANETA SBAGLIATO in Italiano; 7 personaggi + comparse (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

6 personaggi

LA TRILOGIA DELLA PANCHINA in Italiano; da 6 a 4 personaggi (vedi note); 3 atti; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

5 personaggi

LA TRILOGIA DELLA PANCHINA in Italiano; da 6 a 4 personaggi (vedi note); 3 atti; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

4 personaggi

LA TRILOGIA DELLA PANCHINA in Italiano; da 6 a 4 personaggi (vedi note); 3 atti; scarica il PDF

STRINGIAMOCI A CORTE in Italiano; 1U 3D (vedi note); 1 atto; scarica il PDF

VI CI PIGLIO TUTTI in Italiano; da 12 a 4 personaggi (vedi note); 1 atto; scarica il PDF


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L’AMMAZZAMARITI - (nuova!)

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Presentazione

La prima idea di questa commedia mi venne vedendo un film americano degli anni ’60, dove si parlava di una vedova sospettata di aver ucciso il marito. Sono passato dall’idea al copione definitivo durante il lockdown per il COVID-19, e devo dire che mi ci sono divertito un mondo: è senz’altro una delle più comiche che ho scritto. È svelta, diretta, facile, godibile e, ripeto, assolutamente esilarante. Chi mi conosce sarà anche (lietamente, spero) sorpreso dalla sua durata: infatti è anche una delle mie commedie più brevi.

Caratteristiche

Tre atti brillantissimi, in vernacolo Empolese, durata circa novanta minuti. Scena unica per tutti gli atti. 8 personaggi: 4 uomini e 4 donne.

Trama

La vedova Paola è appena convolata a seconde nozze con Gilberto, un vivace cinquantenne. Ma al ritorno dalla luna di miele Gilberto scoprirà un segreto sulla moglie che gli toglierà il sonno per i giorni a venire: Paola è un’ammazzamariti. Raffaella, sorella di Gilberto, e Torquato, un Ispettore di Polizia, cercheranno di proteggerlo e di cogliere l’omicida in flagrante, ma non tutto è come sembra…

Testo

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I DUE VIANDANTI

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Presentazione

C’è un libro che ho letto e riletto un’infinità di volte: le “Fiabe Italiane” di Italo Calvino (Oscar Mondadori). E ogni volta mi domandavo se lì in mezzo sarei mai stato capace di trovare qualcosa da portare su un palco. Dopo molti anni e ancora più riletture ho trovato una fiaba che – con qualche inevitabile adattamento – si prestava piuttosto bene; raccontava di una leggenda riguardante Gesù e San Pietro in Italia. A lavoro ultimato mi accorsi che una fiaba era obiettivamente un po’ poco, per cui, sempre seguendo il filone dei due protagonisti, mi sono messo a cercare ancora, e in tutto ne ho trovate cinque.

Cinque favole, cinque leggende, cinque invenzioni popolari (perché in Italia, Gesù non venne mai, tutti lo sappiamo) su Gesù e San Pietro, tutte godibili, simpatiche e scorrevoli. Per cui hai capito: i due viandanti del titolo altri non sono che loro, Gesù e San Pietro. Dimentica i testi sacri, le parabole, i Vangeli e quant’altro, e non pensare che si tratti di racconti noiosi e dal linguaggio aulico e ricercato. Niente di che, si tratta di vicende divertenti e godibili, oltre che istruttive.

Caratteristiche

Un atto unico, brillante, in italiano, durata circa un’ora. Scena unica per tutti gli atti. I personaggi sono 13 più una voce fuori campo, però, in quanto facenti parte di storie diverse, un attore o attrice può interpretarne più di uno: si può arrivare a 4 uomini, 3 donne e la voce fuori campo. Inoltre uno di questi personaggi non parla mai.

Trama

Gesù e Pietro (che ancora Santo non è diventato) girano per l’Italia e vivono varie avventure, che si intersecano tra di loro in un insieme divertente e istruttivo, e incontrano vari altri personaggi, alcuni buoni, alcuni un po’ meno.

Note

Il copione è redatto secondo uno stile particolare, tipo sceneggiatura: il testo è al centro, le note dei personaggi e di scena sono a destra, e la loro successione aiuta a capire cosa deve succedere quando. Vi sono dei punti dove le azioni devono intercalarsi nel momento giusto, altrimenti l’effetto un po’ si perde; e quindi ho adottato questo sistema perché immagino che questo copione possa essere messo in scena anche da scuole, parrocchie e così via (in effetti è più a loro che è diretto), realtà dove magari non si hanno grandi cognizioni in materia di teatro.

Testo

Presto disponibile.

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IL VESTITO DELLA SPOSA

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Presentazione

È una commedia figlia dei tempi in cui si svolge. La vicenda è ambientata nel 1975, ed è innescata dalla legge del 6 Marzo che abbassa la maggiore età da 21 a 18 anni. Se si considera poi che l’anno prima c’era stato il referendum abrogativo per la legge sul divorzio, nel quale aveva vinto il “No”, risulta chiaro come quel periodo abbia legittimato alcune delle più importanti emancipazioni rivendicate dagli anni Sessanta in poi. Si può dire che vi sia una parte di mondo che si è appena “arreso” ai tempi che corrono. Tempi nuovi, appunto, di cui è figlia questa commedia.

Alla televisione c’è “Rischiatutto” ed è l’anno del Giubileo. Sono anni di ingenuità, di disincanto: chi ha una certa età fatica ad adeguarsi ai cambiamenti che si succedono, e chi è giovane vi si affaccia senza peraltro capire fino in fondo dove essi l’avrebbero portato.

È in questi anni che ho voluto ambientare questa vicenda, nata da un’idea di mia figlia Ginevra, che un giorno mi parlò di un finto matrimonio e di un vestito da sposa cucito su una donna, ma che sarebbe poi stato indossato da un’altra. Lei ha rivisto tutta la stesura, ha imposto il suo veto a un paio di sviluppi che mi sarebbero piaciuti, e ha accolto a malincuore un taglio che ho fatto, del quale – chiedo venia – non parlo perché forse lo userò in qualche altra commedia.

Ne è uscita una storia forse non del tutto verosimile, più farsa che commedia, una storia svelta, complessa ma godibile, ricca di colpi di scena, malintesi e gag comiche. Se non vado errato al momento è l’unica mia commedia in due atti; ma siccome non potevo proprio resistere, alla fine ho aggiunto un prologo.

E insomma, eccola qui: “Il vestito della sposa”. Io e Ginevra speriamo che ti piaccia.

Caratteristiche

Due atti e un prologo, brillanti, in vernacolo empolese, durata circa due ore. Scena unica per tutti gli atti. Nove personaggi, quattro uomini e cinque donne (di cui due bambine).

Trama

Oreste e Fedora sono coinvolti nei preparativi del matrimonio della loro amica Wanda, senza però immaginarsi che quella che si sposerà non è lei, bensì la loro figlia Susanna, innamorata di Gennaro, un ragazzo che loro non vedono di buon occhio. Susanna ha cercato di pensare a tutto, ma gli imprevisti sono dietro l’angolo, e danno origine a una quantità di situazioni al limite, tanto che spesso lei si chiede “ma che ci si ‘riverà ‘n fondo?” La risposta… È nel copione.

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SON COSE CHE SUCCEDANO

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Presentazione

L’idea di questa commedia venne dalla lettura di “Sarto per signora” di Georges Feydeau, un classico del teatro comico internazionale. Le due vicende cominciano più o meno allo stesso modo, ma si sviluppano su strade diverse. In ossequio al maestro Feydeau, che mi ha dato l’avvio ispiratore, uno dei personaggi principali – la signora Chantal – è francese. Attenzione: non c’è nessun errore nel titolo, non è un congiuntivo inopportuno, è “succedano” alla toscana, il nostro modo di dire “succedono”.

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese, durata circa due ore. Due scene, una per il primo atto, l’altra per il secondo e il terzo. Sedici personaggi, sei uomini e dieci donne.

Trama

 “Mal comune mezzo gaudio”, un noto proverbio che non prelude mai a niente di buono. È risaputo infatti che il mal comune non fa nient’altro che danneggiare di più, e il mezzo gaudio è un sentimento fittizio che può dar sollievo lì per lì – e nemmeno a tutti – ma poi lascia il tempo che trova.

Purtroppo Biagio non la pensa così. La sua condotta libertina e immorale l’ha portato ad avere dei seri problemi con la moglie Liliana, e allora lui che cosa fa? Sotto le mentite spoglie di un caro amico interessato a salvaguardare l’unità coniugale, adocchia Riccardo, fresco di matrimonio con Irene, con l’intenzione di traviarlo e mettere in crisi la sua vita nuziale, sfruttando il disinteressato aiuto di Chantal, signora francese ben disposta agli svaghi e ai divertimenti di una certa natura.

Riuscirà Biagio nel suo bieco proposito opportunista? Resisterà Riccardo alle lusinghe del fascino transalpino? Le risposte passano attraverso le azioni e le vicende di una nutrita serie di personaggi più o meno coinvolti: dai domestici Sauro e Wanda alla signora Aurelia, madre di Irene; dal signor Ottavio, marito di Chantal, alla signora Zanoboni, amante di lui; e poi altri e altri ancora, in un quadro coinvolgente, spassoso ed esilarante, fra gag, scambi di battute, equivoci e situazioni che non potranno non suscitare divertimento e risate.

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L’HANNO COMBINATA!

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Presentazione

Questa commedia nasce dalla rielaborazione di una commedia esistente: nella fattispecie si tratta de “Il trabocchetto” di Ugo Palmerini, una commedia vernacola divertente, svelta, romantica e frizzante. L’ho trasposta in empolese, ho modificato i dialoghi, ho cambiato l’ambientazione, il periodo storico, ho aggiunto due personaggi, alcuni di quelli che c’erano li ho un po’ cambiati… Ci ho lavorato un po’, insomma, tanto che ne è nata una commedia praticamente tutta nuova. E quindi, con il permesso dell’erede dell’Autore, ne ho tratto “L’hanno combinata!”: ricordati il punto esclamativo, fa parte del titolo!

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese, durata circa un’ora e tre quarti. Scena unica. Otto personaggi, tre uomini e cinque donne.

Trama

Parlando oggi di “corte” si pensa all’insieme di persone e cose che contornano la vita di nobili e regnanti; ma solo un po’ di anni fa questa parola aveva un significato diverso.

La corte era una specie di cortile interno, uno spazio sul quale si affacciavano più case, il più delle volte appartenenti a famiglie diverse. Era un piccolo mondo, un universo in miniatura; la corte aveva vita propria, si può dire che vivesse con la vita delle persone che ci abitavano. Nella corte si sapeva tutto, ci si raccontava tutto, le famiglie che vi si affacciavano condividevano tutto ciò che succedeva loro. Nella corte si dipanavano le storie, si sopportavano i dolori, fiorivano gli amori. La corte era testimone dello scorrere del tempo, vedeva nascere i bambini, li faceva crescere, insegnava loro a vivere.

Ed è in una corte di una Empoli di molti anni fa, per la precisione la primavera del 1944, che si svolge la storia di “L’hanno combinata!” Una storia semplice, come semplici erano le vite dei protagonisti: vite tranquille, genuine, dove alla fine per essere felici bastava poco, veramente poco; vite che si rifacevano a valori che oggi sono sempre più difficili da trovare: amore, famiglia, gioia di vivere.

Non per questo però l’atmosfera delle corti era sempre tranquilla, no davvero. Nella nostra corte in particolare, all’inizio della storia che racconteremo, l’atmosfera era tesa e triste, e non c’era quel che si può chiamare una “pacifica convivenza”…

Empoli, 1943. Il giovane Ferruccio, che studia medicina all’Università di Pisa, ritrovatosi in città durante il bombardamento del 26 Dicembre, ha passato all’ospedale quel giorno e la notte seguente, aiutando per quanto poteva il personale medico empolese in quella drammatica emergenza. Il giorno dopo, impossibilitato a muoversi dalla città per i danni che il bombardamento ha arrecato alla stazione e alla ferrovia, ha trovato ospitalità dalla famiglia di Eugenio, in un piccolo appartamento vicino alla loro casa. Nei giorni seguenti Ferruccio in quella casa decide di stabilircisi permanentemente: ci si trova bene, la ripristinata ferrovia lo porta a Pisa in breve tempo, lavora di notte all’ospedale come ausiliario e – dulcis in fundo – si è innamorato di Giulia, la graziosa figlia di Eugenio. Però Moranda, moglie di Eugenio e madre di Giulia, ha altri progetti per la figlia; e ritiene che il primo passo per realizzarli sia liberarsi di Ferruccio. Per cui un giorno, al suo ritorno dal turno di notte all’ospedale, lo aspetta e gli comunica la propria decisione: deve andarsene. Fin qui è antefatto, il resto è nel copione.

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C’É DI PEGGIO

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Presentazione

Una commedia “leggera”: praticamente un’impalcatura che regge una serie di gag e situazioni comiche. Non sono nel mio stile commedie come questa, ma volevo scrivere una commedia che facesse ridere, ridere, e basta, senza domandarsi tanti perché. È svelta (nemmeno due ore), diretta, comica; e anche semplice da mettere in scena. Non pretende di insegnare niente a nessuno, non lascia dietro di sé emozioni e sensazioni, non ha una morale; tutto è orientato verso un solo obiettivo: ridere e far ridere.

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese, durata circa un’ora e tre quarti. Scena unica. Undici personaggi, quattro uomini e sette donne.

Trama

La famiglia Biondi: Remo e Dalia, con la madre di lei Adalgisa e il loro figlio Enrico. Una famiglia tranquilla, normale, che verrà turbata da due drammi familiari. Nel primo, Remo e Dalia stanno per diventare nonni… inaspettatamente: e tu dirai “che c’è di strano? succede a tanta gente”. Nel secondo, Adalgisa ha deciso di vendere la propria casa per acquistare un fondo, cosicché Remo e Dalia potranno aprire un negozio: e tu dirai “che c’è di strano? beati loro che possono”. A vederli così non sembrano due drammi, ma sai com’è: nella vita… C’è sempre di peggio!

Note

Fra gli oggetti con cui alcuni personaggi interagiscono ci sono un gelato e una sigaretta. Per tutti e due penso sia meglio optare per soluzioni “finte”: un gelato vero si scioglie troppo in fretta e una sigaretta normale finisce troppo presto. E poi, parlando di sigarette, con le leggi attuali forse è proprio meglio usare una di quelle elettroniche: perché le norme salutistiche in vigore, oltre a vietare il fumo di per sé (divieto sacrosanto, la salute prima di tutto), mi si dice che hanno consentito l’installazione nei locali pubblici di rivelatori antincendio molto più sensibili al fumo di quelli che c’erano una volta; per cui basta una sigaretta accesa a far scattare l’allarme. Meglio evitare, no?

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A TUTTO C’È RIMEDIO

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Presentazione

Parte di questa vicenda me l’hanno raccontata, io ci ho solo lavorato un po’ sopra. “A tutto c’è rimedio” in buona sostanza è una parodia dei comportamenti più comuni ed esagerati che si usano mantenere in occasione di eventi luttuosi, ma è anche una fotografia della grettezza e del cinismo che serpeggia in certe famiglie che hanno a che fare con delle sopraggiunte eredità. La bassezza morale che raggiungono alcuni personaggi di “A tutto c’è rimedio” non ha eguali in nessun’altra delle commedie da me scritte, nemmeno la Valeria de “L’ultima lettera” arriva a tanto.

Si tratta di una commedia unica nel suo genere: tutte le vicende girano intorno al decesso di un personaggio (fittizio, nel senso che non lo si vedrà mai) e hanno uno sviluppo originale e inaspettato, fino al finale che coglie tutti di sorpresa. E questo non lo dico io, ma lo dice la gente che l’ha vista.

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese, durata circa due ore e mezza. Scena unica. Diciannove personaggi, nove uomini – di cui un bambino-  e dieci donne. Ci sarebbe anche il ventesimo personaggio, femminile, ma è in contumacia: se ne parla ma non lo si vede mai. Nessuno stacco musicale.

Trama

"Qui son tutti ciucchi!" Chi è nato in Toscana non può non aver pronunciato questa frase almeno una volta. Può capitare di dirlo uscendo da una casa, facendo la coda in un ufficio, entrando in un bar… Entrando in casa Giannettini nessuno lo direbbe. È una villa, una residenza signorile, abitata da persone conosciute e rispettabili. Anselmo Giannettini tutti se lo ricordano: fino a una ventina d’anni prima le sue commedie all’italiana riempivano le sale cinematografiche di tutto il Paese, aveva vinto premi a iosa, aveva scritto anche qualche libro. Adesso non è più sulla breccia come prima, anzi: sulla soglia della settantina, di film non ne fa proprio più. Ma in fondo, che bisogno ne ha? Ha una bella famiglia, una moglie (che però non gode di buona salute, purtroppo), due figli, un nipote.

Eppure c’è chi varca la soglia di villa Giannettini e ha il coraggio di sentenziare “Qui son ciucchi, son tutti ciucchi!” Incredibile, a prima vista. Chissà, forse chi lo dice ha le sue ragioni, forse non è tutto oro quel che riluce, forse dietro l’apparenza di famiglia tranquilla e rispettabile si nasconde ben altro.

In casa Giannettini sta per succedere qualcosa di importante, che metterà alla prova tutta la famiglia, e quella sarà l’occasione per vedere da che parte sta la verità, e sapere una buona volta se è vero che… Son tutti ciucchi.

E quindi – è proprio il caso di dirlo – chi vivrà, vedrà.

Note

Il numero di personaggi e la durata ne fanno una commedia che non tutti possono mettere in scena. Ma si tratta di una bella sfida, che regala grandissime soddisfazioni. Quando la mettemmo in scena con Gavenadopocena tutti la trovarono lunga, ma nessuno la giudicò noiosa.

L’intervallo che c’è fra il secondo e il terzo atto è puramente fittizio, volendo lo si può togliere senza che la vicenda ne risenta.

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OGNUN PER SÉ

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Presentazione

Tutto cominciò nel 1901, quando Eduardo Scarpetta scrisse "Cani e gatti", una fortunata commedia napoletana rappresentata ancor oggi. Tito Zenni poi la rielaborò e ne trasse "Abbasso i mariti", sfrondandola un po' e togliendo qualche personaggio.

Poi siamo arrivati al 2011, e a Gavenadopocena (la compagnia teatrale di cui facevo parte) che aveva bisogno di una commedia, e l'unica che "tornava bene" era proprio "Cani e gatti". L'ho letta e riletta e ho deciso di farne una versione mia, ambientata nella Empoli degli anni '50. Ho aggiunto un personaggio, ne ho enfatizzati altri, ho tolto qualche passo... Insomma, è nata "Ognun per sé".

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese, durata circa due ore e mezza. Due scene: una per il primo atto, l'altra per gli altri due. Otto uomini e sette donne. Nessuno stacco musicale, nessun pezzo cantato: solo nel terzo atto un personaggio intona "Ma l'amore no", ma non è necessario che la canti bene, anzi.

Trama

Si dice che la gelosia è come il sale dell'amore: ce ne dev'essere, ma nella giusta misura. Se è troppo poca, non c'è gusto; se è troppa, allora diventa tutto insopportabile. E proprio di gelosia insopportabile soffre l'amore tra Rodolfo e Alice, sposi da un anno ma già ai ferri corti, per colpa della fresca mogliettina che accusa il marito di sotterfugi e tradimenti. Tutt'altra aria tira invece a casa di Orlando e Rita, genitori di Alice, che sono felicemente sposati da trentaquattro anni. E quando la situazione tra gli sposi novelli precipita, ecco che i suoceri di Rodolfo s'ingegnano per correre in loro soccorso. Ma non sarà così semplice come credono.

Note

Se guardi il video di "Ognun per sé" rappresentata da Gavenadopocena, i conti non ti torneranno: infatti la versione che ho reso di pubblico dominio è la terza stesura, che ha un personaggio in più (Angiolo).

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LA TRILOGIA DELLA PANCHINA: Sorridi – L’appuntamento – Lezione finale

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Riconoscimenti

Finalista nella sezione "Testo teatrale inedito" della XXX edizione del "Premio Firenze" organizzato dal Centro Culturale Firenze-Europa "Mario Conti".

Presentazione

È una raccolta dei tre "corti" drammatici che ho scritto. Tre vicende uguali e diverse, che si snodano intorno a un centro del mondo quale può essere una panchina di un giardino pubblico. Tre spaccati di vita particolari, inusuali e accattivanti. Tre storie forti e delicate allo stesso tempo, che coinvolgono, emozionano e sorprendono.

Tre sfide recitative, tre atti unici con personaggi potenti, intensi, profondi. Tre pièce teatrali scenograficamente semplici, ma impegnative e complesse nell'interpretazione. Tre storie diverse, particolari, uniche, che appassioneranno gli spettatori e permetteranno agli interpreti di dare il meglio di loro stessi.

Trame

Di seguito, brevemente, le caratteristiche salienti dei "corti" che ne fanno parte. La scena è unica per tutti: una panchina.

- SORRIDI (4 personaggi, 3U 1D; si tratta in pratica di un monologo del personaggio femminile; consiglio di accompagnarlo con un brano musicale, all'inizio e alla fine: "Pavane" di Gabriel Fauré) La solitudine ci porta a cercare l’amore fin dentro le più palesi illusioni. A volte basta un attimo, anche se breve, anche se fittizio e menzognero, per sentire la gioia nel cuore, e sorridere. Uno spaccato di una vicenda umana solitaria e triste, dipinto sullo sfondo del cinismo e della freddezza del mondo mediatico di oggi, nel quale troppo spesso si cerca di entrare senza riguardi per i sentimenti altrui.

- L'APPUNTAMENTO (5 personaggi, 4U 1D) Valentina, mentre aspetta il proprio fidanzato, viene avvicinata da uno sconosciuto che le descrive il suo lavoro. Scoprirà con orrore che si tratta di un lavoro piuttosto fuori dal comune, e che quel signore non è lì per caso. Colpi di scena a raffica nel finale.

- LEZIONE FINALE (6 personaggi, 2U 4D) Il professor Raimondi fa conoscere a quattro sue studentesse Erasmo, un giovane che da anni attende il ritorno della sua amata, affinché ne studino la mentalità e il comportamento. Le risposte alle domande delle studentesse tracceranno una storia d'amore delicata e intensa, nella quale Erasmo crede fermamente. E per le studentesse sarà un osso duro.

Testi

Sono tutti e tre nella trilogia, ovviamente. E c'è anche una presentazione più articolata e dettagliata, che vi invito a leggere (sono due paginette, non perderete tanto tempo).

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STRINGIAMOCI A CORTE

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Presentazione

Un atto comico, in italiano, ispirato al 150° anniversario dell'Unità d'Italia, durata circa quindici minuti. Scena unica. Un uomo (di colore) e tre donne. Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale.

Trama

Cristina e Pamela ritrovano in un vecchio cassettone una lettera di una loro antenata che poi si era suicidata, per il dolore dovuto alla morte del nipote soldato nella Grande Guerra. Le riflessioni che ne traggono si scontreranno con i pensieri sull'Italia di Daouda, un senegalese da qualche anno in Italia.

Adattamento per le scuole

Molte scuole mi chiesero questo copione, e quasi tutte riscontrarono il problema che i personaggi sono troppo pochi per coinvolgere tutta una classe scolastica. Assistito dall'amica Paola Matteucci, professoressa di Empoli, redassi una versione che cercava in qualche modo di far lavorare un po' più interpreti, variando le caratteristiche di un personaggio (l'antenata) e aggiungendo un coro che canta l'Inno nazionale.

Note

Per quelli che se ne sono accorti (è uno dei punti su cui fa leva il senso di tutto il "corto") la frase che fa da titolo è sbagliata, ma lo è volutamente. Infatti l'inno scritto da Goffredo Mameli non dice così, bensì "stringiamci a coorte".

Testo

Nello stesso file troverai due versioni: l'originale e l'adattamento per le scuole.

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SALTI MORTALI

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Riconoscimenti

Finalista nella sezione "Testo teatrale inedito" della XXIX edizione del "Premio Firenze" organizzato dal Centro Culturale Firenze-Europa "Mario Conti".

Presentazione

Questo è il mio primo lavoro su commissione, nel senso che l'ho scritto per qualcuno che me l'ha chiesto.

Fabrizio Biuzzi, autore del libro "Il lavoro rende liberi (se lo trovi)" e mio amico d'infanzia, mi ha contattato e mi ha proposto di ricavare una commedia dal suo libro. Io - ovviamente - prima di tutto mi sono letto il libro; poi ho dato la mia disponibilità. Il risultato è "Salti mortali", due atti in italiano originali e divertenti.

Caratteristiche

Due atti. Diciotto personaggi, dieci maschili e otto femminili: il loro numero non deve spaventare, molti personaggi pronunciano uno o due battute in segmenti limitati, e un attore può anche interpretarne più di uno. Necessario un commento musicale: "Entry of the gladiators" di Julius Fucik, che detto così sembra chissà che, invece è la classica musica da circo che più o meno conosciamo tutti. Ve la canterei, ma prima di tutto sono stonato, e poi per iscritto come si fa?

Trama

Il presentatore entra in scena convinto di dover introdurre uno spettacolo circense, invece si tratta di tutt'altro: i tentativi fatti da Fabrizio (Biuzzi) per cercare lavoro. E si scoprirà alla fine che... si tratta comunque di salti mortali, da una parte e dall'altra.

Testo

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LA CONTESA DI GOSTO E MEA

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Presentazione

Questa rielaborazione mi fu richiesta espressamente da Mauro Fattori, grandissimo interprete e regista vernacolare di queste parti, da poco scomparso e in passato più volte in forza alla Nuova Compagnia Teatrale di Ponte a Elsa. Il buon Mauro infatti volle realizzare una specie di "amarcord" della suddetta Compagnia, una serata durante la quale riunire alcuni fra i principali interpreti della sue storia (anch'io ero uno di questi). Per questo voleva mettere in scena qualcosa di semplice e, nel contempo, cercare di coinvolgere più gente possibile; e mi chiese quindi di "rimpolpare" la farsetta "Gosto e Mea", che più o meno già sapevamo tutti a mente da quante volte l'avevamo fatta. E io accettai di buon grado.

"Gosto e Mea" come farsa è quello che è, un pretesto per fare quattro risate. Con la mia rielaborazione dura un po' di più, ci sono tre personaggi in più e... si fa qualche risata in più. Tutto qui.

Più per ragioni di durata che di valenza letteraria, nella mia rielaborazione si può cominciare a parlare di "farsa in un atto"; nelle precedenti direi invece che siamo sulla "scenetta". E inoltre (visto che non è tanto lunga) de "La contesa di Gosto e Mea" ho fatto due versioni: in Empolese e in Italiano.

Caratteristiche

Farsa in un atto, comica, in vernacolo empolese, durata circa quaranta minuti. Scena unica. Otto uomini (di cui una voce fuori campo) e tre donne. Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale. Farsa semplice ed agreste, molto adatta per debuttanti o compagnie di bambini.

Trama

Gosto e Mea, due contadini "vecchio stampo" vanno a letto e si accorgono di aver lasciato l'uscio di casa aperto. Non riuscendo ad accordarsi su chi dei due deve andare a chiuderlo, stabiliscono un patto: ci va il primo che parla. Con l'uscio aperto inizia però un viavai di persone nella loro camera e loro, imperterriti, non spiccicano una parola e se ne stanno fermi. Così Maso, entrato per primo, pensa che siano malati, Cecco e Togno pensano che siano morti, Bista riporta la carretta presa in prestito e poi se la riprende, Teresa e Armida pensano che ci siano i fantasmi... Come se non bastasse poi giungono anche il dottore e il prete, tanto che alla fine la camera di Gosto e Mea è piena di gente. Alla fine il patto sarà rotto da Mea, e Gosto emergerà dalle lenzuola trionfante, intimandole di andare finalmente a chiudere l'uscio.

Note

Inizialmente pensavo che "Gosto e Mea" fosse una farsa popolare: infatti l'ho sempre conosciuta in forma di prosa. La versione che avevo io era stata messa per iscritto da Franchino (al secolo Franco Palamidessi, autore vernacolare odierno di queste parti). Ma mio padre, quando vide per la prima volta "Gosto e Mea" sulle scene, si ricordò che mio nonno recitava spesso un poemetto che raccontava la stessa vicenda, coi medesimi nomi. Del resto, le anche le ultime due battute di Mea e Gosto sono in rima, e la vicenda termina con una voce fuori campo che recita dei versi.

Venni così a scoprire che "Gosto e Mea" è in realtà una poesia scritta da Antonio Guadagnoli, un poeta popolare aretino vissuto nell'Ottocento, il cui titolo è "La lingua di una donna alla prova".

Testi

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IL PIANETA SBAGLIATO

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Presentazione

I genitori, loro sono quelli che... mi han fregato. Per la precisione, sto parlando dei genitori dei compagni di scuola di mia figlia, che non appena seppero che io mi dilettavo nella scrittura di commedie, dissero subito "si fa una recita a fine anno? Tanto ce la scrive lui!..." E io che potevo fare? L'ho scritta. Ma l'ho fatto volentieri, soprattutto perché il risultato mi piace assai. "Il pianeta sbagliato" è liberamente tratto dalla novella "L'ultimo giorno di squola" di Gianni Rodari. È ambientato in un'aula scolastica, è semplice da mettere in scena e adatto a un pubblico poco esigente. Possono farlo i genitori, ma anche i bambini. Perché non so se sono stato chiaro: questa me l'hanno chiesta i genitori, perché loro volevano recitare, mica i bambini!

Caratteristiche

Atto unico. Sette personaggi, di qualsiasi sesso, più un numero di bambini idoneo a formare una classe di scuola primaria ("elementare" si diceva una volta, ma a me viene da dirlo anche ora...). Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale.

Trama

Gli errori di ortografia commessi da una classe ne provocano il trasferimento sul Pianeta "Sbagnato", un posto dove è tutto sbagliato (anche il nome, appunto) e dal quale si potrà uscire solo correggendo tutti gli errori commessi. La classe farà conoscenza con una serie di personaggi bislacchi, originali e divertenti. E sbagliati.

Testo

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VI CI PIGLIO TUTTI

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Presentazione

Chi fa parte di una compagnia teatrale amatoriale sa quale ne è il peggior nemico: le assenze. E questo smette, e quello non può venire, e quell'altro va in ferie. E allora si deve rinunciare a questa o quella replica, o imbastire in fretta e furia una nuova interpretazione; quando non si deve addirittura lasciar perdere e andare a cercarsi un copione nuovo.

E allora io mi sono domandato: ma possibile che non si possa scrivere qualche cosa di "adattabile" a quanti siamo? Qualcosa che si possa mettere in scena anche se mancano uno o più interpreti? Qualcosa per cui non si debba star lì a vedere quanti uomini e quante donne siamo? Qualcosa che, oltretutto, non preveda scenografie complicate e lunghe da montare?

Il risultato è "Vi ci piglio tutti", questo atto unico. I personaggi vanno da quattro a dodici, a seconda delle risorse disponibili. A seconda. Delle risorse. Disponibili. Incredibile ma vero, ecco un testo che si adatta alla Compagnia e non viceversa.

Caratteristiche

Atto unico. I personaggi vanno da quattro a dodici. Per quanto riguarda il sesso, quello di uno dei quattro "di base" deve essere per forza maschile, mentre negli altri sette "facoltativi" ce n'è uno che dev'essere per forza maschio e una che dev'essere per forza femmina. Il resto è a piacere, o meglio: a seconda delle forze in campo. Curiosità: tutti i personaggi meno uno si chiamano con i nomi degli interpreti. Scena: semplicissima, basta una sedia e un faretto. Per quanto riguarda la musica consiglio di utilizzare il "Sogno" di Schumann.

Trama

L'anticamera di un concorso per aspiranti attori. C'è un usciere in scena, che tutti prendono per il regista; ed egli pazientemente riceve i vari aspiranti attori e li inoltra al provino vero e proprio. L'esito è a sorpresa, un po' surreale, ma denso di significato.

Testo

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BASTA CHE SIAN DI FÒRI

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Riconoscimenti

Fiorino d'Argento ex aequo nella sezione "Testo teatrale inedito" della XXVII edizione del "Premio Firenze" organizzato dal Centro Culturale Firenze-Europa "Mario Conti".

(photo by New Press Photo - Firenze)

Presentazione

È in assoluto la commedia più rappresentata del sottoscritto, in tutta Italia. Se vuoi ridere, questa è la commedia che fa per te. È disseminata di battute, trovate comiche, freddure, gags, colpi di scena, situazioni paradossali... Insomma, tre atti che fanno ridere. Ricordi i nomi dei sette nani? Sai la storia dei Mille di Giuseppe Garibaldi? Conosci la famigerata superstrada Firenze-Pisa-Livorno? Bene. Tutte cose che ti torneranno utili.

Senza esagerare, penso che l'idea di questa commedia mi sia venuta almeno almeno nel 1997 o giù di lì. Dieci anni ci ho messo, ma non perché fosse complicata o cervellotica: semplicemente l'avevo lasciata lì, la riprendevo in mano ogni tanto e poi mi facevo distrarre da altro, senza mai portarla a termine. Poi mi sono deciso, e l'ho finita. Ed è proprio una bella commedia, facile da rappresentare e godibile.

Caratteristiche

Tre atti, brillantissimi, in vernacolo Empolese. Scena unica. Sei uomini e cinque donne. Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale.

Trama

Di solito in un agriturismo toscano càpitano turisti e basta, gente "di fòri", come si dice noi. Nei cinque appartamenti che compongono quello in cui si svolge questa vicenda, aperto da poco e gestito da Carlo, dalla moglie Andreina e dalla cognata Graziella, arrivano tutti ospiti toscani, che daranno non pochi problemi ai gestori. Si comincia con un solo appartamento occupato, per la precisione dalla signora Luigia, inconsolabile single non più giovane, ma altri tre verranno presto occupati dai vari personaggi che arriveranno. Le loro vicende si alterneranno e si intersecheranno, fino a far diventare tutti matti.

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L'ULTIMA LETTERA

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Riconoscimenti

Finalista nella sezione "Testo teatrale inedito" della XXVI edizione del "Premio Firenze" organizzato dal Centro Culturale Firenze-Europa "Mario Conti".

Presentazione

Per i sentimenti che smuove, per i valori che interessa, per le emozioni che entrano in gioco, probabilmente questa è la commedia più importante che ho scritto. Ha una valenza straordinaria, almeno per me, in quanto mi sono messo a confronto con eventi, fatti e pensieri di primaria rilevanza. Non pensare che sia noiosa o pomposa o melensa, tutt'altro. La vicenda è appassionante, è come una molla che si carica atto dopo atto. E si svolge negli anni che vanno dal 1942 al 1946, un periodo storico che definire "cruciale" è quasi un eufemismo. È una commedia di quelle che piacciono a me, che fa ridere sì, ma fa anche pensare, e... pure versare qualche lacrimuccia.

La mia prima idea di questa commedia è del 2005, ma l’ho finita solo nel 2007. Ma del risultato sono assolutamente entusiasta, vi consiglio veramente di metterla in scena.

Caratteristiche

Tre atti e un intermezzo, brillanti, in vernacolo toscano. Scena unica. Sei uomini e due donne. Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale: durante una scena si dovrà udire il "silenzio" militare. In scena è necessaria una riproduzione del quadro di Giovanni Fattori "Colline senesi" (nel copione c’è la foto), perché è connesso alla trama.

Trama

Durante l'ultima guerra, un prete chiede a delle ragazze non fidanzate di dargli i propri indirizzi, che lui porterà ai soldati italiani pure non fidanzati, perché possano scriversi. Valeria, che lavora come cameriera in una locanda gestita dallo zio Osvaldo e dalla cugina Giuliana, accetta e viene messa in contatto con Mauro, un caporale dell'esercito: e il rapporto epistolare ha inizio. Questo è l'antefatto: tutto quello che viene dopo è la trama vera e propria, che vedrà entrare in gioco anche Emilio, una camicia nera, Ivano, il fidanzato di Giuliana, e Paride, un fioraio che si ritrova coinvolto suo malgrado, ma che avrà un ruolo determinante nell'esito della vicenda.

Note

Cfr. quello che ho scritto nelle note di “C’è di peggio”.

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I' LUME DELL'OCCHI

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Riconoscimenti

VINCITRICE della 1a edizione del concorso di scrittura teatrale "Vernaholando", organizzato da Romano Editore. Motivazione del premio: «“I’ lume dell’occhi” ha una tensione morale sul comportamento di tutti i personaggi. In particolare, il personaggio di Morena, la ragazza che va a servizio, è molto bello nel suo essere scostumata e rivelarsi pian piano sincera e altruista. Ogni personaggio ha una sua evoluzione. Il padrone di casa che si ravvede nei suoi propositi, e la stessa riflessione sull’uso del denaro». Questo è senz'altro il premio più importante della mia bacheca, l'ha ricevuto la commedia che amo di più e l'ha assegnato una giuria tecnica, che ha tenuto in particolare considerazione il valore, la qualità e lo stile della mia opera.

Finalista nella sezione "Testo teatrale inedito" della XXV edizione del "Premio Firenze" organizzato dal Centro Culturale Firenze-Europa "Mario Conti".

Presentazione

Ecco la commedia che a me piace di più, quella che sento più mia in assoluto: "I' lume dell'occhi". È nata in un tempo che per me è relativamente breve: da giugno a novembre 2004, per l'esattezza.

La prima idea mi venne mentre ero al mare: alla televisione fecero vedere una scena di "Luci della città", il film di Charlie Chaplin nel quale il protagonista sottrae a un facoltoso signore una somma di denaro, che poi regala ad una ragazza cieca affinché si operi e possa riacquistare la vista. Mi chiesi "chissà quel facoltoso signore come l'avrebbe presa se avesse saputo a cosa servivano i soldi che gli avevano rubato". E di lì all'ideazione dell'intreccio di base il passo fu breve.

Il personaggio chiave di questa commedia è Matilde, una ragazza non vedente. E non a caso l'intera opera è dedicata a mia nonna Caterina, morta nel 1999 a 93 anni e da una decina almeno quasi completamente cieca, perché - come dico nella dedica stessa - lei sapeva bene cosa vuol dire vivere senza il lume degli occhi. Tutta la vicenda vive infatti sul dualismo del lume degli occhi, inteso da una parte come la facoltà di vedere, dall'altra come un bene prezioso cui si tiene come le proprie pupille.

È una commedia brillante, ma non proprio brillantissima. Non è la classica commedia dove "ci si butta via dalle risate", come si dice da queste parti; anzi, forse nel finale fa più commuovere che sorridere. Una delle persone che l'hanno letta dice che nel finale "se ne piglia una fredda e una calda", nel senso che a una battuta vengono gli occhi lucidi per la commozione, a quella dopo si ride di gusto.

Un’altra ragione per cui amo così tanto questa commedia è che esplora tutte le mie capacità creative. Contiene una delle gag più comiche che ho scritto (Antonio e Francesco nel secondo atto) e nel finale diventa così toccante ed emozionante da diventare “da fazzoletto”.

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese, piuttosto lunga. Scena unica. Sei uomini e sei donne. Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale.

L’adattamento breve

Questa commedia aveva un solo, terribile difetto: era lunga. Lo notò anche il buon Sergio Forconi, dopo avermi consegnato il premio "Vernaholando". Per questo ne esiste un adattamento breve che non è niente male: vi sono due personaggi in meno (in tutto cinque uomini e cinque donne), ma le parti comiche più o meno ci sono tutte; e il senso e la trama restano praticamente immutati. Ne sono molto soddisfatto, e consiglio a tutti quelli che hanno letto l'originale di dare un'occhiata anche a questo adattamento.

Trama

Il geometra Arturo Benedetti diventa milionario grazie al lotto e spera così di poter sistemare le sue due figlie, Maresca e Marusca. Un bel giorno i soldi della vincita spariscono, e con loro anche la serva Vera e la di lei figlia Matilde, non vedente; e nel frattempo i pretendenti per le figlie di Arturo sono arrivati. Per Arturo sembra un'impasse senza via di uscita, ma non sempre il prossimo è come lo si giudica. E poi, come succede nei libri gialli, l'assassino torna sempre sul luogo del delitto...

Testi

Potete trovarlo:

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GAVENEIDE

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Presentazione

Si tratta di un atto unico, pensato e realizzato per Gavena, una frazione del comune di Cerreto Guidi (Firenze): si parla esclusivamente di Gavena e dei Gavenesi presenti e passati; in sostanza, si tratta di un lavoro che ha poco senso presentare a chi non conosce il paese e i suoi abitanti.

Caratteristiche

Atto unico, brillante, in empolese ma non troppo, perché doveva essere rappresentata da degli autori dilettanti (molti erano alla loro "prima volta") e non volevo metterli in difficoltà più di tanto con un testo che per qualcuno poteva risultare ostico nella lettura; durata un'ora e venti circa. Scena unica. Sette uomini (di cui un ragazzo, un bambino è anche meglio) e quattro donne. Nessun pezzo cantato, stacchetti musicali a piacere. Tutti i personaggi maschili, tranne il ragazzo, richiedono dei costumi particolari: l'etrusco, il romano, Meo, Annibale, il capitano di parte e il principe.

Trama

Un pomeriggio in casa di Filippo, un ragazzo alle prese con i compiti. Deve prepararsi sulla storia del suo paese, ma non sa come fare: chiede alla madre, ma questa non ne sa nulla. Così rimuginando si appisola e in sogno gli appaiono prima un etrusco, poi un romano, dai quali Filippo cerca di ottenere qualche notizia, ricavandone più confusione che altro. Arriva allora Meo, al secolo San Bartolomeo (patrono di Gavena), il quale, dopo una fugace apparizione di Annibale, cerca di fare chiarezza raccontandogli pazientemente la storia di Gavena (o meglio, quel poco che se ne sa) e presentandogli anche altri due personaggi: il capitano di parte guelfa e il principe don Antonio de don Giovanni Ramirez de Montalvo. Ma nonostante gli sforzi di Meo, Filippo resta un po' deluso dalla storia del paese, che risulta alla fine frammentaria e insignificante. Allora Meo introduce tre paesane, che si mettono a raccontare gli aneddoti comici del passato di Gavena e a descrivere i personaggi più singolari e divertenti. Ecco che Filippo finalmente è soddisfatto: il sogno termina, ma lui ha avuto le risposte che voleva. Nel finale, Filippo e tutti gli altri personaggi declamano una poesia che è un po' il sunto della storia del paese e una sorta di ammonimento per tutti i non Gavenesi, che non sanno "qual tesoro, non d'argento e nemmen d'oro" si cela a Gavena.

Testo

Disponibile su richiesta.

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IL POLLO

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Presentazione

Non ricordo esattamente quando iniziai a scrivere questa commedia: presumibilmente doveva essere il 1993 o giù di lì. Quel che ricordo per certo è che ero fermo ai primi due atti, ma mi mancava il terzo. Solo cinque anni dopo ebbi l'idea buona per riuscire a terminarla. Tanto, eh?

La scrissi quando già ritenevo "Che gli farò alle donne?", la mia opera prima, destinata al macero; e infatti ne "Il pollo" si ritrova un elemento della mia commedia precedente: Marta, uguale sia nel personaggio che nel ruolo alla Ughetta della mia prima commedia.

"Il pollo" è stata la commedia che mi ha tenuto a battesimo come autore, nel senso che è la prima che ho visto mettere in scena. Anzi, l'ho proprio rappresentata: io interpretavo il protagonista, Ubaldo. E l'essere interprete mi tolse, probabilmente, un po' dell'emozione che sicuramente avrei provato se invece fossi stato ad assistere tra il pubblico. Per quanto - lo confesso - sulla scena stessi attento più del solito alle reazioni del pubblico, sicuramente la mia "prima" come autore me la sono un po' persa. Pazienza.

I ragazzi della mia compagnia sostenevano che "Il pollo" per certi aspetti non è una commedia facile da rappresentare: soprattutto nel primo atto, l'interazione personaggio / scenografia molte volte è determinante e vi sono delle situazioni che prevedono delle tempistiche precise e dei sincronismi collaudati. Ma se ci siamo riusciti noi, ci possono riuscire tutti.

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese, durata circa un'ora e quaranta. Scena unica. Sei uomini e quattro donne. Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale.

Trama

Piero, un universitario disoccupato ormai alla fame, penetra in casa Alfieri per compiere un furto; lì apprende delle attività illecite del capofamiglia Ubaldo e, una volta scoperto, lo ricatta per non farsi arrestare. La farsa però dura poco: Piero va in galera e Ubaldo viene denunciato. Ma il destino li porterà a incontrarsi nuovamente, e questa volta...

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CHE GLI FARÒ ALLE DONNE?

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Riconoscimenti

Secondo premio ex aequo nella V edizione del premio "Firenze alla ribalta" organizzato dal Club Girasole '98. Non mi sarei mai aspettato di poter aspirare a un premio con questa commedia, e ne sono molto contento. Sergio Forconi, presidente di Giuria, la definì "molto molto divertente, con dei bei personaggi che richiedono degli attori in grado di caratterizzarli, molto carina"; per Angelo Savelli, membro della Giuria, siamo di fronte a "una pochade degna di un Feydeau trapiantato in Toscana, con ritmo, situazioni veloci, porte che si aprono e si chiudono...".

Presentazione

Ecco la mia opera prima, "Che gli farò alle donne?". La scrissi di getto, come si dice, nel 1993: credo di essere passato dall'idea iniziale alla stesura della prima versione in una decina di giorni sì e no. Un tempo che per me, come scrittore, equivale a un batter d'occhi. Rileggendola ora, col senno di poi, vi trovo tante cose che cambierei, tante trovate che ora non mi sembrano più così esilaranti, tanti momenti in cui modificherei azioni e tempi. Ma non voglio. Credo che ad un certo punto si debba anche dire basta: uno scritto - commedia, romanzo o saggio che sia - non può essere frutto di un'evoluzione continua, come un sito Internet. In fondo, quello che ha scritto quella commedia ero io, era il Massimo del 1993, che non è e non può essere uguale a ciò che è oggi, e quindi non può pensarla allo stesso modo. Quindi "Che gli farò alle donne?" è così, è questa.

E com'è? "Maschilista e licenziosa" la definirono i primi che la lessero. Maschilista lo è, certamente: parti femminili importanti in questa commedia praticamente non ce ne sono, l'intelaiatura principale dell'intreccio sta tutta sulle spalle dei maschietti. Licenziosa, beh... Sul palco non succede niente: c'è solo una scena durante la quale, dietro a due porte chiuse, ci sono due coppie che fanno all'amore (non si sente niente, solo il personaggio in scena origlia un paio di volte e poi commenta). Volgarità, comunque, non ce ne sono mai, non fanno parte del mio stile.

Caratteristiche

Tre atti, brillanti, in vernacolo empolese. Scena unica. Sei uomini e cinque donne. Nessun pezzo cantato, nessuno stacco musicale.

Trama

La famiglia Bucchioni è intenzionata ad aprire una ferramenta, contando sull'aiuto di Ughetta, la danarosa sorella del capofamiglia Cesare. Ma tutto rischierà di andare all'aria per le vicende amorose dei tre figli (Andrea, Giovanni detto Bacchiolo e Michelino), che si incrociano tra di loro in una serie di equivoci a catena e metteranno tutta la famiglia in cattiva luce agli occhi della facoltosa parente. Tutto sembra perduto, ma... Nelle commedie non è mai detta l'ultima parola.

Note

Nel titolo di "Che gli farò alle donne?" ci sarebbe un doppio senso, che però non credo che tutti abbiano afferrato. La frase infatti innanzitutto si può intendere secondo il suo significato classico, come se la pronunciasse Bacchiolo (il figlio "donnaiolo") per dire "cosa avrò io di particolare per avere tutto questo successo con le donne?" Ma la si può intendere anche in un altro senso, come se la pronunciasse Michelino (quello sempliciotto) per dire "se mi capita una donna, cosa gli faccio, che non ne ho mai avuta una?"

Ma come ho detto, non penso che l'abbiano capito in tanti.

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Versione 16.0.05 - Ultimo aggiornamento: 06/05/2020 - Copyright by Massimo Valori, tutti i diritti riservati